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L’economia digitale: in Italia siamo ancora poco “credenti”

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Una delle multinazionali di consulenza e pianificazione strategia di management ha fatto un sondaggio a livello mondiale sulla stampa digitale e il fare impresa digitale ed ha avuto le idee molto più chiare rispetto alle notizie che spesso vengono lette sui giornali o addirittura segnalate dai media: l’Italia è al 34esimo posto su 56 paesi che sono attivi e operano in pieno nel digitale.

Un gruppo di esperti ha così suddiviso la propria ricerca, in quattro fasi molto importanti: informazione, individui, infrastrutture e industria. Ma in che modo questi fattori sono collegati? L’informazione tende a rendere pubblica la novità la “nuova notizia” che dovrebbe portare innovazione e circolazione della moneta; l’individuo è colui che utilizza questo strumento per poter in seguito attuare nuove strategie, pianificazione e triplicare fatturati in settori piuttosto notevoli come le infrastrutture e l’edilizia. Purtroppo servirebbe solo “oliare le ruote” ma sembra proprio che l’Italia preferisca la ruggine alla manutenzione accurata.

L’Italia deve farne di strada, soprattutto per quel che riguarda l’aiuto alle imprese, i cosiddetti prestiti alle aziende ovvero “venture capital” che non permettono a nuove attività quindi start-up, di creare una nuova realtà imprenditoriale. E’ tutto un susseguirsi: si creano le start-up, nuove idee, nuove assunzioni, tecnologia avanzata e la moneta che gira; ma niente da fare: l’Italia sembra essere al penultimo posto per quanto riguarda tutto ciò che è legato al digitale e all’innovazione.

L’aspetto che ci penalizza maggiormente è quello informatico: siamo al 55esimo posto su 65 per quel che riguarda le competenze informatiche dovute alla poca tecnologia che abbiamo a disposizione e che la nazione offre; quindi pochi strumenti informatici all’avanguardia, poche persone possono attuare e mettere in pratica nuovi progetti.

Un punto a nostro favore è la liberta dell’utilizzo di internet che ci porta nei primi 20 posti; questo ci permette di essere liberi nell’utilizzo di strumenti senza essere spiati o monitorati in maniera tale da subire danni da fonti esterne.

I conti tornano: i cosiddetti “cervelloni” fuggono all’estero per poter produrre le loro idee, metterle in atto e lavorare seriamente, sfruttando anche un regime fiscale molto più snello e meno rigido di quello che troviamo in Italia. Ma non ci disperiamo: prima o poi anche noi risaliremo in quella scaletta che ci ammonisce e ci rende “ ritardatari”: innoviamo e progettiamo sempre.